Quando leggerai queste righe io non ci sarò più, probabilmente. Ho accettato un lavoro oltre le mie capacità, che si concluderà con la mia morte. So che può sembrare folle, ma l’ho accettato proprio sapendo quale sarebbe stata la mia fine.
Non ho mai preteso che capissi tutto di me. Sapevo che c’erano miei lati che ti erano oscuri e che avevi difficoltà ad accettare. Quei lati che ti facevano pensare “ora lo strozzo”, seduta da una parte, mentre fumavi e guardavi davanti a te, gli occhi che mandavano fulmini. Non te l’ho mai detto, ma io ti guardavo e quello che tu percepivi come uno sguardo di biasimo o di sfida, era invece uno sguardo di uno stupido che si chiedeva perché aveva detto o fatto certe cose e cosa poteva dire o fare per rimediare. Avresti accolto bene la mia mano che ti carezzava la nuca? Ti avrebbe fatto piacere se ti avessi abbracciato e ti avessi detto che mi dispiaceva?
Non credo lo sapremo mai, perché non ne sono stato capace e di questo mi scuso. Il mio orgoglio e la rabbia sono stati pessimi consiglieri, me ne rendo conto solo ora.
Controllo che sia tutto pronto, prima di lasciare questo posto. Ti ricordi quando ti ho detto quanto lo odiavo? E dire che una volta era perfetto, perché ci trovavo me stesso. Ora è solo un insieme di punti disordinati e polverosi e per quanto mi ostini a pulire rimane sempre la sensazione di chaos e buio. Ho fatto il possibile, ma non entriamo in sintonia e quando varco la soglia è come se sentissi che mi accoglie con sopportazione, come se preferirebbe vedere apparire qualcun altro.
Guardo alle pareti le foto e scuoto la testa. Non se ne fanno mai abbastanza, è questa la verità. E quelle che si fanno non le si guarda mai a sufficienza.
Quando mi hanno detto dell’incarico e mi hanno parlato della paga non ci ho pensato mezzo secondo. Mi hanno chiesto se ero sicuro e ho detto di sì. Mi hanno richiesto educatamente se ero fatto e ho riso. “Non sono drogato – ho detto. – Sono stanco.”. Hanno capito che sono un orologio rotto e non hanno aggiunto niente. Ma sai come si dice, no? Un orologio rotto segna l’ora giusta, due volte al giorno.
Le due volte al giorno con te, vorrei che lo sapessi, sono state le migliori ore. E quando arriva la fine ti viene sempre il dubbio che forse non l’hai mai detto quanto dovevi. Dovrebbero fornirci un contatore da tenere d’occhio. Un’applicazione per cellulare che ti ricorda di farlo. Che ti ricorda di non essere uno di quei banali stronzi che da le cose per scontato.
E’ ora di andare. Quando sarà tutto finito ognuno avrà la sua teoria sul perché. Qualcuno dirà che sono stato avido, qualcun altro che sono stato pazzo. Tu saprai che ero stanco. Che avevo fallito nel tentativo di darmi a te completamente. E che ho preferito questo, al vederti allontanare, mano nella mano con un altro.
Ci sono morti peggiori. Ho avuto amici che se ne sono andati per la malattia o per un banale incidente. Morire non è mai bello. Possiamo solo decidere di farlo per le giuste ragioni.
In fede.
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