Whistle /2

Canzoni di un 2011 un po’ così, seconda parte. Che anche qui ascoltatele, se vi fidate, o non ascoltatele che va bene lo stesso, vi voglio bene uguale (più o meno).

1. The son never shines (On close doors).
E’ una roba di una tristezza infinita sulla perdita. Inutile dire che ci sono andato a nozze per un sacco di tempo. Resta anche una canzone bellissima, comunque.

2. Most of the time.
Morirò bobdylaniano e, nel farlo, penserò che chi non ama Bob Dylan lo rispetto, ma non lo capisco. Che quando lui dice che “la maggior parte delle volte la mia testa è a posto, la maggior parte delle volte sono abbastanza forte da non odiare, non mi costruisco illusioni fino a starci male, non ho paura della confusione, non importa quanto grande sia” uno può solo abbassare la testa e dire che ha ragione lui.

3. Country roads.
Un po’ te la immagini, mentre attraversi la Route 66 ed esci dall’Arizona, alla volta di Las Vegas. Però è una canzone che va benissimo per qualsiasi situazione in cui ti lasci alle spalle qualcosa, qualsiasi cosa, e te ne torni a casa tua, ovunque essa sia.

4. Brown eyed girl.
Un ricordo di vecchi tempi, di persone perse che poi, sotto sotto, non si sono mai perse veramente e questo è molto consolatorio.

5. The way it is.
Bisogna ascoltarla. Mi è difficile spiegare perché l’adoro e allora mi limito a dire che parte pian piano, sussurrata, accennando di sentimenti e di cose che si provano e poi esplode quando non puoi più tenerti dentro quello che senti. Mozzafiato.

6. Carry on Wayward son.
“Poggia la tua stanca testa affinché riposi, non piangere più”.

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