Ciao, ti faccio vedere una cosa. Magari sul momento non ti sarà chiara, ma poi vedrai che capirai. E magari ti verrà da controbattere, da dire che no, non è così, ma è in un altro modo. Ecco, non farlo. Lascia perdere. Non sono qui per discutere con te, non sono qui per dirti che io ho ragione e tu hai torto. La totale assenza di ragione e torto, semmai, stanno alla base della dimostrazione che sto per portare avanti e alla quale vorrei assistessi. Se dopo avrai ancora dei dubbi, delle domande, delle incertezze…be’, mi dispiace, ma non dovrai rivolgerti a me. Io sarò chiaro e preciso. Cercherò di essere anche sintetico (ma quest’ultimo punto non lo posso garantire).
Vedi questo filo che stringo nella mia mano destra? Si tratta della mia vita finora. Sì, magari non ti piace il colore – ma ci sarebbe da specificare quale, perché lo ha cambiato diverse volte, nel corso degli anni – o magari preferiresti altri tessuti, ma diciamo che questo ci hanno dato e questo ci teniamo. Il filo fa un lungo percorso, vedi? E’ un percorso accidentato, pieno di curve strette, di punti in cui si è strappato e ricomposto, ci sono persino dei pezzi dove fa un giro lunghissimo e contorto per spostarsi di pochi centimentri (quelli, te lo rivelo, sono i pezzi delle seghe mentali gravi, quelle che ti tengono ferme a pensare e ripensare quando un “ma chi se ne frega”, un “pazienza” o un “vai a farti fottere” potevano risolvere tutto molto rapidamente. Non sono contro le seghe mentali, sinceramente, ma come ogni cosa richiedono la giusta dose, il giusto utilizzo).
Ora arriva la parte interessante, guarda: lo vedi questo pezzo di una certa lunghezza? Questo, dove il filo diventa rosso e si intreccia con un altro filo? Ecco. Questo è il pezzo della mia vita in cui c’eri dentro anche tu. E l’altro filo, ovviamente, è quello della tua, di vita. Vedi come si attorcigliano? Vedi i pezzi in cui sono strappati e ricuciti? Quelli sono i nostri litigi. Sì, lo so, sono parecchi, ma che vuoi farci? Siamo fatti come siamo fatti, no?
Bene. Ora, se guardi qui, a questa altezza, in questo punto dove c’è il sole, i due fili si separano e vanno ognuno per la propria strada. Poiché qui siamo nel mio campo, perdo di vista il tuo filo, non so dove va a finire, ma non mi interessa, perché è un’altra la cosa che voglio mostrarti. Vedi i nuovi punti strappati e ricuciti? Ecco. Quelli sono altri problemi, miei, che non hanno niente a che fare con te. E vedi questa massa aggrovigliata? Ecco. Sono mie seghe mentali delle quali tu non ti devi preoccupare. E vedi questi altri fili che si intrecciano e si separano o che stanno ancora lì? Ecco. Sono altre persone che sono entrate e uscite dalla mia vita o che ci sono rimaste. Persone con cui ho litigato o con cui sono stato bene. E tu non c’entri niente.
Sono sicuro che il tuo filo segue lo stesso percorso di strappi, di grovigli e di intrecci. Sono certo che il tuo filo avrà cambiato colore e avrà avuto i suoi momenti buoni e i suoi momenti cattivi. E sono sicuro che io non ho niente a che fare con nessuno di questi.
E tu non hai niente da fare con i miei, quindi, davvero, credimi, rilassati: non ti voglio accusare dei miei strappi, dei miei intrecci, dei miei grovigli, dei miei cambi di colore. Al massimo posso essere felice se il tuo filo è sano e diritto, anziché accartocciato e malandato. Ma tutto il resto è una questione di fili e i nostri si sono staccati molto tempo fa.
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Non so se capiti ad altre persone, ma quando scrivi post del genere mi sento molto in un episodio di Mignolo e il Prof in cui tu mi chiedi se sto ponderando quello che stai ponderando tu e io rispondo “Nacchio sì, ma Doris day non è un giorno festivo!”
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