Sono giorni che fa freddo e c’è la nebbia. Mi piace la nebbia, spesso, quando guido con calma e non c’è nessuno. Vedo i contorni sfumati delle cose che assumono, pian piano, definizione, quando ti avvicini. E poi una parete bianca e dietro chissà cosa c’è, chissà cosa si nasconde. Ci immagino altri mondi, altre realtà, a volte parallele, a volte totalmente diverse. In alcune sono un cacciatore di draghi, in altre sono sempre me stesso, ma diverso. Più sereno, magari. O meno incasinato, quanto meno. Più capace di afferrare le cose buone che ho intorno – che sono tante – o di non dare poi peso a tutte le cose difficili – che sono ancora di più. Alla fin fine non ho una brutta vita e lo so: ho un lavoro che odio, ma che mi fa pagare le bollette, ho intorno persone che amo, ho la salute con alti e bassi. E non vorrei poi molto di più. Vorrei solo sciogliere gli ultimi nodi, sedermi e pensare “be’, da qui le cose andranno meglio”. Che non è che vanno male, ma è come correre con il freno a mano tirato: è inutile che premi l’acceleratore, tanto più di così non si va.
Paul Valery diceva che ci si ama, ci si odia e poi si invecchia insieme. Io sto invecchiando insieme, ma senza particolare sentimento oltre a un po’ di diffidenza nei miei confronti. Prima o poi, credo, ci fideremo di nuovo l’uno dell’altro e, a quel punto, ci lasceremo un po’ andare.
Ora no. Ora rimaniamo qui, con il freno a mano tirato, ed è meglio così per tutti, specialmente per chi mi sta intorno.
Però, nonostante il freno a mano, vado avanti. Un metro alla volta, un centimetro. Ma quel centimetro, credetemi, è molto importante.
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sarà che quoterei molto di questo post ma mi viene da pensare che poi poco importa rifletterci a lungo. quando si decide di lasciare il freno a mano, la scelta accade con più naturalezza e spontaneità di quanto si possa credere.