Ché non ho un’opinione precisa di Milano, sinceramente. Una volta non ci volevo avere a che fare, poi l’ultimo anno sono stato spesso in città e succede che conosci persone che ci vivono e a queste persone gli vuoi bene e allora associ la città alle persone a cui vuoi bene e, alla fine, ti affezioni un po’ anche alla città, alla sua metropolitana che finora non ti ha mai tradito – cioè, no, in effetti ora che ci penso una volta sì, – al neo scoperto Denzel che ti fa gli hamburger kosher, ma devi averci i commensali giusti, a certi scorci e allo spritz che costa troppo e che non può competere con quello della signora Afra, però a Milano ha tutta un’altra classe, credo.
E poi, ieri, ero di nuovo di passaggio perché la Blonk mi ha invitato a parlare in bel posto pieno di studenti di lingue ai quali avrei dovuto raccontare del mio libro e della scrittura e ora vi dico una cosa: io mi sento sempre un po’ in imbarazzo, quando devo farlo, perché, sotto sotto, mi considero un cialtrone fortunato. E andare lì a fare l’autore arrivato che spiega il perché e il percome è quanto di più lontano esista dal mio modo di essere e da ciò che, effettivamente, sono. E allora è stato un po’ mettersi lì a fare quello che mi viene meglio e cioè buttarla in vacca e cercare di far divertire le persone, mentre stai lì e parli di te e di come scrivi e cerchi di non sembrare uno che si crede il nuovo Eco, ma neanche uno che non ha nessun rispetto per quello che fa ed è un equilibrio difficilissimo e io sugli equilibri non è che me la cavi proprio benissimo.
E c’erano questi ragazzi che hanno ascoltato e, incredibilmente, qualcuno quando dicevo delle cose mi guardava e annuiva e la cosa mi ha dato coraggio, ma magari avevano le cuffie e ascoltavano la musica e non me ne sono accorto. E c’erano altri ragazzi, in fondo, chiusi dentro delle cabine, che si esercitavano a fare la traduzione simultanea di quello che dicevo e io avevo promesso di fare attenzione e ho cercato di parlare piano e di non mangiarmi le parole e alla fine mi hanno ringraziato, anche per non aver infilato in mezzo parole difficili come “ferro da stiro” o “metempsicosi” come avevo minacciato di fare (epperò pare che “spritz” abbia messo qualcuno in difficoltà. E anche l’accenno a Giorgio Faletti e a Drive In).
E poi ero lì che parlavo e, per un attimo, mi sono messo a chiedermi di cosa diavolo stavo parlando, in fin dei conti, perché sono uno che un giorno si è messo a scrivere e ha avuto la fortuna di trovare qualcuno che apprezzasse quello che scriveva tanto da dargli retta e pubblicarlo e mi sono detto che parlavo di quella che è, forse, l’unica passione che un pigro come me ha portato avanti senza mai smettere in tutta la sua vita. Perché ho abbandonato le arti marziali e il pugilato e ho smesso di esercitarmi con la chitarra per limitarmi a essere un mediocre strimpellatore e conosco quei tre o quattro piatti per quando invito qualcuno a cena, ma di scrivere non mi sono mai stancato e ho sempre voglia di farlo e quando non ci riesco ci sto male.
E allora, verso la fine del mio intervento, ho cercato di dire questo: che scrivere è bello e che ti fa stare bene, se ami la scrittura, e che se ami qualcosa sei fortunato e non devi lasciarla andare. O, come ha sintetizzato meglio di me il mio amico Luca nel live twitting dell’evento (e lasciatevi dire che scoprire che c’è un hashtag che parla di te e tu ci pigi sopra e vedi le tue parole riportate e i commenti delle persone fa un sacco strano): “Buttate fuori quello che sentite. Portatevi qualcosa per scrivere. Leggete moltissimo. Assorbite. Non scoraggiatevi”.
E poi ho ringraziato tutti, ho stretto delle mani, ho sentito parole gentili e mi sentivo un po’ spossato perché non sono abituato a cercare di essere una persona seria e me ne sono andato via con il mio amico che mi ha portato in un negozio di fumetti, ma era tardi, dovevo ancora vedere qualcuno e quindi sono scappato per la stazione. E ho guardato Milano che si allontanava ed è stato un po’ come un “vabbè, ciao, ci si vede dopo” perché, sotto sotto, ci si affeziona anche allo spritz non buono come quello della signora Afra, se poi lo si beve con le persone a cui tieni.
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Allora dillo che ci vuoi far commuovere (a parte Geso che tutti sanno essere un cuore di pietra)
Bello tutto, tranne quello “studenti di lingue” che, ti assicuro, farebbe arrabbiare i più talebani tra i miei colleghi 🙂
Dettagli a parte volevo scriverti, in qualità di aspirante traduttore e autore *abbastanza* creativo, che la chiacchierata tra te e il prof. Rozza è stata davvero godibile. Quindi grazie per essere passato a S.Leonardo!
Ciao Francesco,
grazie a te per avermi dedicato il tuo tempo e la tua attenzione. E mi scuso per quel “studenti di lingue” che, da laureato in lingue, non voleva essere ovviamente uno sminuirvi.
A presto, spero. 😉
Uhm… magari la prox volta che vieni a Milano diccelo!!! 🙂
Sono contenta per la tua esperienza… concedimi di ridere pensando a chi doveva farti la traduzione simultanea… 😛
Nei momenti di panico, in cui hai pensato di divertire e intrattenere le persone potevi cimentarti in qualche numero di prestigio… (custodisco ancora la carta del 10 d fiori e ancora mi chiedo come minkia funziona il giochino delle “donne”…)
Sto leggendo (finalmente!) Fine della Corsa 🙂
Ho appena finito gli ultimi 5 volumi di Martin, ora devo prepararmi al TT ma intanto faccio “pausa” col tuo libro. Poi, se ti interessa, ti dirò cosa ne penso.
A prestissimo!
Mi spiace, avevo segnalato la cosa su FB (effettivamente tu non ci sei, è vero) e pensavo che i ragazzi di Milano sapessero.
Ammetto che al pensiero della traduzione simultanea ho riso anche io. 😀
E sì, quando hai finito, se vuoi mandarmi una mail con le tue considerazioni, te ne sono grato. 🙂
Si infatti, la prossima volta faccelo sapere 😛
Divido ancora il famoso neurone con Damina perchè anch’io mentre leggevo mi aspettavo un: “Mi son cimentato in un gioco di prestigio per rompere il ghiaccio!” lol
Tutto sommato Milano la si ama e la si odia come tante altre città alle quali ti affezioni ma che non sono “la tua” – e per la tua non intendo necessariamente quella dove sei nato – se poi ci son le persone giuste, ogni posto merita una seconda visita e una terza e una quarta ok la smetto!