La terza stagione di Sherlock si è conclusa e, per la prima volta, si lascia dietro un fandom che si spezza a metà, causa scelte narrative inaspettate e che fuoriescono dal classico
Sherlock Holmes, quello che il buon Doyle ha creato e portato avanti con precisione e malmostosità.
Ammetto di avere avuto una certa difficoltà a inquadrare la serie e di essere stato, sulle prime, un po’ in difficoltà nel dire che era bella. Troppe variabili impazzite, troppe scelte incomprensibili (per me), troppe idee che non sapevi bene come accettare.
Poi il tempo passa e ti rendi conto di una cosa: la stagione ti ha divertito. Di più: la stagione è stata bella. Il motivo per cui non ti ritrovavi, banalmente, è perché non ti ha dato quello che ti aspettavi, ma ti ha dato altro e, nel farlo, non si è risparmiata, né è stata banale o prevedibile.
Dicono: ma i casi sono noiosi. La terza stagione di Sherlock non parla di casi investigativi, ma di Sherlock. E di Watson. E di Mary. Parla di equilibri infranti, ritrovati e ricostruiti. Parla, soprattutto, senza parlare. Quando Watson si taglia i baffi. Quando Holmes rimette la poltrona in casa. Quando Mycroft guarda il fratello. C’è tutto un mondo (silenzioso) dietro i dialoghi e i botta e risposta.
Dicono: ma le serie prime erano orizzontali, questa è tristemente monca. No, non è vero che le serie precedenti erano orizzontali. Almeno non con un’unica trama portata avanti per tre puntata. Nella prima stagione Moriarty viene citato nel primo episodio e poi scompare fino al terzo. Nella seconda stagione Moriarty compare (molto brevemente) nel primo episodio e nel secondo, per poi giganteggiare nel terzo. La terza stagione segue la stessa procedura: Magnussen compare alla fine del primo episodio, viene suggerito nel secondo, ha il suo momento nel terzo. Il problema è che noi ce lo aspettavamo per tre episodi perché lo volevamo per tre episodi, ma poco sopra ho detto che è stata una stagione non ci ha dato quello che ci aspettavamo e che non era banale, no?
Dicono: ma il cattivo è stato sprecato. Non lo so. Non credo. Ammetto che forse un episodio completo in più se lo sarebbe meritato, ma è anche vero che Magnussen non è un cattivo, come può essere Moriarty. Lo dice lui stesso “qui non c’è nessun male, né crimine. Sono un uomo d’affari che compra delle informazioni” e nel farlo è semplicemente grandioso. Il fastidio e l’odio che provavo, mentre colpiva Watson con il dito sulla faccia, erano talmente forti che non poteva che confermare la bravura di personaggio e attore.
Dicono: ma e il canone allora? Ecco, ci siamo arrivati: la terza stagione di Sherlock è la stagione che si allontana dal canone e prende la sua strada. È la stagione che ci conferma che Moffat e Gatiss seguiranno la strada che Doyle ha per noi costruito, ma in maniera nuova e inaspettata e che per questo possiamo solo essere lieti, perché vuol dire che non avremo episodi con caso-indagini-risoluzione, per quello avete CSI, NCIS o, Dio vi perdoni, Elementary. Avremo episodi dove sappiamo dove si parte, ma non sappiamo dove si va a parare.
Siamo onesti: quante altre serie sono capaci di darci questo?
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È anche la stagione in cui finalmente a Watson viene sbattuta in faccia la verità (che peraltro Sherlock non gli aveva mai lesinato, sia chiaro) : non credere di essere quello sano di mente in un asilo di pazzi. Sei uno psicopatico drogato di adrenalina che si accompagna a suoi simili.
Paradossalmente il personaggio stabile di questa serie è Molly che partita come figura di topino bagnatio si ritaglia una parte meravigliosa e si toglie delle soddisfazioni impagabili ( enjoy http://goo.gl/2hyrW4 )
Ed è la stagione in cui Mycroftsi accorge che può fare il Deus Ex machina quanto vuole, quando ci sono di mezzo persone che ( con tuo sommo disprezzo) alla fine sono i tuoi amici, non è mica facile.
Ed è sopratutto la stagione in cui Moffat e Gattys creano un nuovo genere: il metareality. In cui la moglie di Freeman fa la moglie di Watson, I genitori di Cumberbatch sono i genitori di Sherlock e la zia di Cumberbatch è la signora Hudson.
Ringhiate quanto vi pare. Io mi sono divertito come un matto.
A me la questa terza stagione è piaciuta un sacco. Mi sono un po’ persa nelle elucubrazioni mentali di Sehrlock durante il matrimonio, ma come viene descritto il rapporto Sherlock Watson è bellissimo.
Dovevo aspettarmi da subito che la voce “liar” che compare nell’analisi di Sherlock riguardo a Mary celava qualcosa…
Però il primo episodio della 2a stagione per me resta imbattibile.
Oddio, the Woman. L’amore.
Certo, la bellezza composta e raffinata del primo episodio in assoluto – A Study in pink – resta inarrivabile, come anche l’intrigante e coinvolgente crescendo che percorre trasversalmente tutta la seconda stagione. Eppure anche questa terza stagione mi è piaciuta, anche perchè – come hai brillantemente sottolineato anche tu – è chiaro il tentativo di rinnovare lo show, di non scadere nel cliché e proporre cose nuove. Alcune sono fatte bene, altre meno, ma nel complesso i 3 episodi non mi hanno affatto deluso.
ciao e complimenti per il blog!
Eh, A study in Pink è stato proprio il colpo di fulmine assoluto.
Ciao e grazie a te per avere lasciato il commento. 🙂