La sveglia che non suona, perché da un po’ di tempo a questa parte sei tu che ti svegli prima di lei. Ti rigiri nel letto, al buio, carezzando i gatti, quando passano. Hai caldo, poi hai freddo, poi di nuovo caldo. Guardi il cellulare, rispondi a messaggi, leggi i social network. Pensi al lavoro, pensi alle lezioni, pensi alle lavatrici da fare. Pensi a un riff di chitarra che non ti ricordi da che canzone viene e a una canzone che non senti da un po’ e che si riaffaccia alla tua mente.
Il caffè caldo che non sembra mai abbastanza. Il desiderio di cristallizzare il momento in cui ti siedi al tavolo e bevi il primo sorso, perché ti sembra che quello sia l’unico momento in cui sei nel presente e ti senti, finalmente, al tuo posto.
Tom Waits che canta una canzone che ascoltavi due anni fa e realizzi che due anni fa ti sembrano lontani come se ne fossero passati venti. Che quel tu di due anni fa non sai che fine ha fatto, eppure non dovrebbe essere lontano.
Il costante sentirti risucchiato dal passato, dai ricordi, dalle sensazioni perdute, dal fatto di non sapere mai, mai, quando dovresti essere, quale versione di te era quella giusta, come mai quella che ti sembrava sbagliata, improvvisamente, ti pare che fosse giusta, per quel preciso istante.
Il gatto che si stende sul tavolo, accanto a te, senza fare o dire niente, ma con l’aria di uno che pensa “se ti scappa una coccola, sono qui”. Guardi casa e ti chiedi: e tu? Non dovrebbe esserci qualcos’altro?
Fuori è nuvoloso, con scorci di sole e bellezza, tra una nuvola e l’altra. Ti mancano le passeggiate, ti manca la bici, ti mancano i piegamenti e le flessioni al parco, ti mancano i pomeriggi passati al tavolo da Afra, a scrivere. Ti manca scrivere. Ti mancano un sacco di cose e sei stanco di sentire la mancanza delle cose.
Ti versi dell’altro caffè. Ascolti Bob Dylan che canta che “sediamo qui, arenati, anche se facciamo del nostro meglio per negarlo”. Hai ragione tu, Bob, come quasi sempre.
Ti manca Milano. Ti manca Torino. Ti manca Bologna. Ti mancano amici che non vedi da un po’ e non riesci a capire perché, in questi tempi di alta velocità, sia diventato così difficile vederli. Ti dici che stare chiuso in ufficio, per un inaccettabile numero di ore ogni giorno, ti consegna al week end l’ombra di te stesso e del desiderio di fare qualsiasi cosa.
Ti manca il cinema, ché dovevi vedere tre-quattro film e te li sei persi tutti. Ti manca il tuo migliore amico, che è fuggito a vivere in Inghilterra. Ti manca pure Regina Spektor, figurati.
Carezzi il gatto, si stiracchia sotto le dita, emettendo un gorgoglio soddisfatto che potrebbe significare “ce ne hai messo, di tempo”.
Il caffè è finito. Sospiri e guardi gli scorci di bellezza tra una nuvola e l’altra. Lì, da qualche parte, ci siamo noi. Prima o poi ci troveremo, te lo prometto.
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beh dai…per fortuna il gatto…
Difficile non esserci passati – in modi diversi forse, ma per forza. O per fortuna, forse.
Un abbraccio
..mi pare di averla già letta, o forse le cose nn son tanto cambiate.
Che bello questo scorcio. In parte (in buona parte) mi pare di vedermici…