(Warning: questo è un post in costante aggiornamento. Per sapere come finisce, dovrai tornare, di tanto in tanto, a guardare se ci sono aggiornamenti. Non so di preciso gli orari, ma mi spingo a dirti che saranno tipo verso l’ora di pranzo, metà pomeriggio e l’ora di cena)
Mi tocca ammettere di essere abbastanza complicato con il cibo. Per quanto ci sia gente molto più complicata di me, so di non essere facile. Non mi piace il pesce. Ho difficoltà con diverse verdure. Non riesco assolutamente a mangiare il pomodoro crudo (cosa che, ho scoperto, condivido con altre due persone, al mondo).
Potete quindi immaginare com’è andata, quando una delle mail inviate mi invitava a provare una giornata da vegano.

Sì, esatto, l’ho presa benissimo.
C’è da dire, tipo con una specie di senno di poi, che mi è pure andata bene, perché qualcun altra che si definisce mia amica mi aveva proposto di fare tutta la settimana, da vegano (ma per fortuna è arrivata tardi e, soprattutto, mi era improponibile, ma tu sai chi sei e voglio che tu sappia che ti odio).
Finito il lavoro mi sono informato su dove potessi andare a comprare ciò che mi serviva e, una volta trovato il negozio più vicino, sono andato a fare la spesa.
Ammetto che ho avuto la tentazione di organizzare la giornata come pareva a me, quindi potevo farmi un normalissimo tè, una pasta aglio, olio e peperoncino, un’insalata di carote. Ma la lista compresa nella mail era abbastanza accurata da farmi pensare che fosse quello, il menu del giorno, e quindi ho deciso di non barare e prendere quanto richiesto.
colazione con latte di soia e biscotti senza latte, uova e burropranzo con insalata di verdure e tofumerenda con yogurt di soiacena con una bella vellutata di ceciper dolce un bello strudel, ovviamente secondo apposita ricetta
Il luogo dove sono andato a fare la spesa: punto vendita NaturaPiù. Lista della spesa in mano. Qualche difficoltà a trovarlo. Sia per questioni di indicazioni stradali, sia perché, per farmi coraggio, mi sono fermato a prendere uno spritz accompagnato da qualche sciocchezzuola assolutamente non vegana.
Giungo sul luogo del delitto.

Il luogo del delitto.
Mi do un’occhiata in giro e mi accorgo che anche gli altri clienti, sicuramente gente che sa cosa sta facendo, con l’esperienza e la conoscenza dell’argomento di cui io difetto, controllano con attenzione il contenuto di quello che mettono nel carrello.
Un tizio, che deve capire che mi sento vagamente sperduto, mi consiglia una marca di yogurt, dicendo che è molto buono. Io vorrei rispondergli “io sono costretto, tu perché ti stai facendo questo?”, ma poi mi limito a ringraziare e a prendere un’altra marca, così impara a farsi gli affari suoi, maledetto nemico della sugna.
Alla cassa, per un barattolo di yogurt di soia da 400 grammi, una confezione di biscotti senza latteburrouova, 200 grammi di tofu, un barattolo di vellutata precotta lenticchie e zucca (non c’era ai ceci, non ho tempo di cucinarla) e una confezione di crostatine di farro all’albicocca (in mancanza dello strudel che non c’era e, indovinate?, non ho tempo di cucinarlo) mi sparano un prezzo di Euro 14.63 che mi fa prorompere in un delicato “Mortacci vostra…” che la cassiera non sente, per mia fortuna, perché altrimenti sarei finito sulla loro bacheca “Cliente infedele del mese” (non l’ho vista, ma sono sicuro che ne abbiano una).

La prova della mancanza di rispetto per il dolore altrui.
Colazione.
Il latte di soia l’ho bellamente scippato al ristorante del mio posto di lavoro. Annusato, ha un odore non sgradevole. Siccome non bevo neanche il latte, così, nature (vi ricordate la cosa del fatto che sono complicato, con il cibo?), decido di concedere un mezzo strappo e farò un capuccino di soia. La prima cosa che mi preoccupa è che il latte di soia, portato in ebollizione e fatto schiumare, crea una bella schiuma densa e corposa che, però, si solidifica seduta stante, facendoti sentire più dalle parti dei lavori di ristrutturazione di casa, che della colazione.
I biscotti, lo ammetto, non sono male. Il sapore è buono, la consistenza non è male, hanno giusto due difetti. Il primo è che ha delle strane pagliuzze di natura ignota che si appiccicano alla lingua. La seconda è che sulle istruzioni dicono di tenerli lontani dalla luce del sole, facendomi sospettare che non ci siano latte, burro e uova, ma ci siano pezzi Mogway IL CHE VIOLEREBBE IL FATTO CHE SIA CIBO VEGANO, BELLI MIEI (ma spiegherebbe il costo dei biscotti).
In definitiva, siamo a un 50 e 50: biscotti mangiabili, cappuccino di soia schifo. E non dico schifo a caso, perché l’ho fatto assaggiare a una collega, pensando che magari fossi io, a essere prevenuto, e il suo commento tecnico è stato “bleah, che schifo”.
Vox populi, vox dei, bitches.

Per motivi che mi sfuggono, un mio collega è arrivato oggi in ufficio con MONTAGNE di cioccolato. E io non posso mangiarlo. Il mio astio verso chi mi ha portato a questa giornata vegano, lo pone, ora, un gradino sotto a “Juliette Lewis”.

No, non voglio farlo. E non lo vuoi sapere.
La fame mi ha reso leggermente nervoso. Sto appuntando su un foglio i nomi di coloro che si stanno prendendo gioco di questa mia sentita iniziativa per l’umanità, ripromettendomi di vendicarmi nella notte.
Se non svengo prima per la fame, ovviamente.
Pranzo.
Una volta, un paio di anni fa circa, su un social network che ora non c’è più, c’era una tizia vegana che raccontava la bellezza della sua dieta e, tra le varie cose, ha tirato fuori del tofu grigliato con non so cosa, definendolo delizioso. E uno dei tizi che commentava scrisse una cosa del tipo “Infatti sono qui che sbavo”. Mi ritrovai a pensare che voleva assolutamente portarsela a letto, perché nessun uomo sano di mente potrebbe definire il tofu come una roba che fa sbavare (tempo dopo avrei scoperto che sì, effettivamente se la voleva portare a letto, confermando che noi uomini siamo disposti a qualsiasi cosa, pur di finire a letto con una. Io, per esempio, accettai di accompagnare una tizia con cui ci stavo provando a vedere il film di Va’ dove ti porta il cuore, per dire).
Questo per dire che, quando ho aperto la confezione di tofu, avevo lo stesso sguardo di una qualsiasi gif animata che potete trovare su Google, se cercate “WTF”.
Comunque, ho preso il tofu e l’ho fatto a pezzi. Poi l’ho immerso dentro la salsa di soia e ce l’ho mollato lì per tipo una quarantina di minuti. Successivamente l’ho soffritto, in padella, con dei semi di sesamo che ho leggermente tostato, prima. In una seconda padella ho saltato dei funghi e poi ho utilizzato il tutto per condire un’insalata che ho insaporito con sale e pepe e un filo d’olio.

La creatura.
Ora non resta che assaggiarla, giusto?
Giusto.
Non fosse per il dettaglio che ce l’ho davanti da almeno mezz’ora e non riesco a trovare il coraggio di farlo.
OK, l’ho assaggiata.
C’è un problema: ricordate che ho detto che li avevo immersi nella salsa di soia? Ricordate che ho detto che ho insaporito l’insalata con pepe e sale? Lo sapete, vero, che la salsa di soia è salata?
Ecco.
Ora non è così salata da essere immangiabile, ma diciamo che ha carattere.
Superato questo, c’è da superare l’impatto della consistenza del tofu. Io il masticare del polistirolo me lo sono sempre immaginato così, sinceramente. E una roba morbida, ma un po’ spugnosa, che si sfalda.
Detto ciò: com’è? Vi dirò, a parte il sapore non è malvagio.
Diciamo che si mangia, non mi ha fatto vomitare come temevo, aiutano molto i semi di sesamo tostati, ma c’è il problema che non riesco a mangiarlo tutto e, dopo quattro forchettate, ho messo giù. Motivo per cui morirò di fame entro dieci minuti, temo.
Attualmente non ho fame. Il problema è che, quando mi verrà, ho due ipotesi: altre forchettate dell’insalata o passare alla merenda prevista dal programma e cioè lo yogurt di soia all’albicocca.
Sto pensando, invece, di non fare niente e lasciare che il mio appetito sia soddisfatto dall’autodigerirmi.
Il problema è che non è fame perché sono sazio, ma perché ho paura di assaggiare quello che mi tocca mangiare.
Però, insomma, si getta il cuore oltre l’ostacolo e quindi proviamo questo maledetto yogurt di soia all’albicocca.

(Ve l’ho detto che c’è dell’isteria)
C’è stato un momento interessante quando ho guardato i miei colleghi e ho detto “Se foste amici come dite, prendereste tutti una cucchiaiata con me”. Un mio collega si premurato di controllare che non ci fosse nessuno nella hall e poi mi ha invitato a porre nel mio deretano il barattolo per intiero.
Comunque, alla notizia che, almeno, era all’albicocca ho avuto tre eroici volontari che si sono uniti a me (la stagista si è rifiutata, cosa di cui mi ricorderò quando scriverò i voti a fine stage).
E niente, raga. Fa schifo. Inutile che vi indori la pillola. Su quattro assaggiatori, solo una ha apprezzato e si è portata via i resti che, mentre scrivo, sta beatamente gustando mentre lavora. L’altro collega mi ha chiesto se, per rifarsi la bocca, poteva prendere uno di quei biscotti senza latteburroeuova.
Mi manca la cena. Poi, se va tutto bene, potrei mangiare i miei vicini di casa, tipo.
Intermezzo. /5
Ho INCOMPRENSIBILMENTE fame. Sospetto che potrebbe essere perché ho ingollato tipo 400 calorie in tutta la giornata, ma non vorrei fare deduzioni affrettate, per carità.
Comunque, per cercare di non pensare all’appetito, sto immaginando i modi in cui potrei uccidere chi mi ha suggerito tutto questo.
Mi sono ritrovato a cercare su Google “Un vegano può bere Coca Cola?”.
(la Internet dice di sì e, tra questi, porta la voce dei vegani Paola Maugeri. Paola Maugeri, per dio. Amici vegani, se questi sono i vostri portabandiera…come dire…)
Ma tipo: le crocchette dei gatti, saranno vegane?
La beffa più grande che il Diavolo abbia mai fatto è stato far credere al mondo che il cibo vegano fosse buono.
È arrivato il momento di chiudere il tutto superando l’ultima sfida della giornata.

Ogni volta che leggo “Crostatelle di Farro” dico le parolacce.
Non so di preciso se sia perché ho LA FAME, ma la zuppa precotta di lenticchie e zucca non mi è dispiaciuta. L’ho mangiata discretamente in fretta e forse il segreto è tutto qui: essere così affamato che le poche cose decenti sembrino roba da raffinati gourmet.
Le Crostatele di Farro (inserire parolaccia), per contro, hanno due ostacoli.

Il secondo è che, di conseguenza, il sapore, al primo impatto è…boh…non lo so.
La cosa che mi ha colpito, di questa esperienza, è che è tutto sicuramente sano e naturale, ma i sapori sono deboli o c’è sempre questa nota amara di fondo che guasta qualsiasi gusto.
Non potrei essere vegano per tutta una serie di ragioni, dalla più semplice (la carne mi piace, dannazione), a quelle più complesse (OK, la pasta aglio e olio, quella con il sugo, ma c’è una quantità tale di problematiche e liste nere che mi ritroverei senza niente da mangiare tempo due giorni).
Rispetto chi ha fatto questa scelta (no, non è vero, siete chiaramente pazzi, ma, oh, io giocavo di ruolo, quindi chi sono per giudicare?), ma non fa per me.
Quindi ora ti aspetta un lauto pranzo 😀 Ma, domanda, la birra è vegana?
Non hai idea del pranzo che mi aspetta. La birra è vegana? Sì, direi di sì. Mi piace la birra? No, direi di no.
Però ti piace il whisky ed anche quello potrebbe essere vegano… Oh, son cereali eh.
Uhm. Intravedo una luce, in fondo al tunnel.
un piccolo passo per un troll, un grande balzo per il LOL
ho come l’impressione che vorrà scriverlo di suo pugno come tua epigrafe
Sarà che io sono cresciuto con Goldrake come modello positivo, ma lui i vegani li combatteva.
Siamo in tempi di politically correct.
Questa tua risposta mi ha dato un’idea bellissima per la proposta di domenica prossima.
Sei solo fortunato che per me la domenica alle 12 sia un orario PESSIMO per ricordarmi di mandare mail.
Be’ in realtà si parte dalla mezzanotte di sabato, a essere proprio precisi. (so che mi pentirò di questa cosa)