Summer in the city
I’m so lonely, lonely, lonelyI’ve been hallucinating you, babe
At the backs of other women
And I tap ‘em on the shoulder
And they turn around smiling but
There’s no recognition in their eyes
Sono seduto nella mia camera da letto a Budrio, dove ho fatto l’ennesimo viaggio per svuotare casa. Mai, come questa volta, è stato un lavoro definitivo.
Ho tirato giù i poster cinematografici, dalle pareti. Mio padre e mio fratello mi hanno aiutato, togliendo chiodi e stuccando i buchi. Ora sembrano pareti a modo, di gente che non ha mai ornato con le proprie fissazioni di celluloide i muri.
Ho svuotato cassetti e armadi, quasi con rabbia. Ho portato all’ANT un sacco di cose che potranno rivendere in beneficienza. Ho buttato cose che nessuno voleva. Ho buttato via vecchi ricordi, alcuni belli, moltissimi brutti.
Ho fatto a pezzi hard disk e chiuso vecchie storie.
Ho ancora, in giro per casa, alcune cose che non so come gestire. Che vorrei buttare o portare via o buttare o portare via ancora. Ché ogni volta che sono lì per fare l’una o l’altra cosa, cambio idea.
Ho affrontato oggetti all’apparenza stupidi, ma che, quando ho preso in mano, erano pieno di ricordi, anche belli, anche importanti.
Ho imparato che la cosa che ho preferito, di questo trasloco, è stato regalare alle persone a cui voglio bene, parti di me. Film, giochi, schermi, cose per la cucina, poster, fumetti, libri. Ho preso cose mie e gliele ho date, dicendo “qui c’è un pezzo di me. Questo è qualcosa che mi ha tenuto compagnia, che mi ha fatto stare bene, che è stato importante e spero che possa fare la stessa cosa per te, ogni giorno”. È stato come passare il testimone. È stato come lasciare una traccia di me, lungo la strada.
Il mio letto è andato a pezzi. Sembrava la macchina dei Blues Brother, alla fine del film. A un certo punto, toc, si è rotto. Pezzi di compensato sul pavimento. Il silenzio attonito di me che mi chiedo cosa sia successo e se ci sia un messaggio karmico, una morale, una chiusura del cerchio, dietro tutto questo.
Sono andato a fare visita ai miei vecchi colleghi e sono stati tutti affettuosi, con me. Una di loro, mi ha detto “ora te lo posso dire: ma il tuo nome, qui, salta fuori almeno quattro giorni su sette. È una cosa importante”.
Ho ascoltato musica. Ho pranzato nei posti che mi piacciono. Ho fatto colazione dalla signora Afra. Sono stato al parco dove mi allenavo. Ho camminato per le strade di Budrio, in estate, ascoltando “Summer in the city” della Spektor ad anello, fumando sigarette, un piede davanti all’altro, sommerso dai ricordi, dai penseri, dai “e se…” e dai “quella volta che…”.
Poi, mi sono fermato, e mi sono tolto le cuffie dalle orecchie. Come ogni estate, il momento che più mi piaceva era arrivato e le cicale mi hanno cantato la loro canzone.
Oh por…
Fermi tutti.
Avevi backuppato il porno prima?