Ventidue anni fa avevo ventidue anni di meno (lo so, è una sorpresa). Studiavo a Pisa e bazzicavo un sacco in due negozi da nerd: Strategiochi, per i giochi di ruolo, e Fumettando, ovviamente, per i fumetti.
Nella rastrelliera davanti all’ingresso di Fumettando, la signora Franca, che gestiva il negozio, teneva tutti i fumetti auto-prodotti e le fanzine (per dire, ci ho comprato, per un certo periodo un fumetto che si chiamava Lenin (esiste, giuro, e non parlava di QUEL Lenin). Tra questi, un giorno, ho incontrato Rat-Man. Era una fumetto in spillato, non era una cosa professionale, non aveva l’eleganza di un Bonelli, figuriamoci di un americano.
Mi dissero che era molto divertente e io lo comprai e, ovviamente, non potei che concordare. Rat-Man faceva molto ridere. Era una parodia del fumetto di super-eroi, ma lo era nel senso migliore, nel senso di Frankenstein Jr. o dei film della ZAZ: era una storia scritta con tutti i crismi, ma che si prendeva gioco di quegli stessi crismi, facendo ridere.
Leo Ortolani, parmense, geologo, era uno bravo davvero (lo è ancora) e il suo Rat-Man non poteva essere destinato solo alla rastrelliera davanti alla porta. E infatti non fu così. Ci accorgemmo tutti della bravura di Leo e i lettori crebbero e la Panini decise di pubblicarlo in una testata sua, dopo alcune prove eleganti (tra cui il magnifico “Rat-Man contro Il punitore” che ancora è un pezzo della madonna).
Non dirò che Rat-Man sia sempre rimasto della qualità iniziale. Come ogni buon fumetto seriale ha avuto alti e bassi. A un certo punto, ricordo che continuai a leggerlo per abitudine, perché il suo umorismo era diventato quasi acrimonia (sospetto che ci sia stato un periodo durante il quale Leo abbia avuto una sorta di rigetto, ma non ho nessuna conferma, in merito, e nessun interesse nell’averla). Poi, pian piano, si è ripreso, ha ricominciato a far ridere, a volte a fare emozionare.
Leo aveva detto che Rat-Man sarebbe durato 100 numeri. Quando arrivò al centesimo numero disse che, in effetti, stava arrivando alla fine, ma che ci sarebbe voluto ancora qualche numero in più. Ventidue, per la precisione. E questo Settembre 2017, Rat-Man è arrivato alla sua fine.
Ci saranno sicuramente articoli e commenti scritti da persone più brave di me, che possono rendere il giusto omaggio a Leo Ortolani e alla sua bravura. Io ho un po’ la sindrome del fan della prima ora, di quello che ha ancora i numeri spillati e che ha avuto modo di ospitare l’autore nella sua convention nerd nei primi anni 2000, conoscendo così anche Caterina, la moglie, e che poi l’ha visto da lontano, con l’affetto di quello che si dice “lo sapevo che ce l’avrebbe fatta”.
Perché mentre molti dicono che Rat-Man ci ha insegnato l’eroismo e il non prendersi sul serio e a flettere i muscoli e a essere nel vuoto, io sono uno che dice che Rat-Man non credo mi abbia insegnato molto (OK, quella cosa dei muscoli sì), ma che Leonardo Ortolani mi ha insegnato che se uno è bravo ce la fa, a fare le sue cose, e che la sua bravura gli viene indubbiamente riconosciuta. E che, anche se ha alti e bassi, ce la può fare a produrre 122 numeri di una cosa bella e completa e ben fatta, che non solo non ha niente da invidiare agli americani, ai francesi, ai belgi, ai giapponesi, ma neanche a tanti italiani che si notano di più perché hanno un nome e una tradizione o perché, banalmente, fanno più rumore perché strillano più forte.
Venti anni fa avevo venti anni di meno (lo so, è un’altra sorpresa). Ero alla mostra di Lucca, per lavorare e c’era Leo Ortolani, allo stand Panini. Era ancora possibile parlarci e avvicinarsi senza fare una di quelle file di ore che devi affrontare ora. Leo era molto gentile e accettò di farmi un disegno e, mentre era chino sul foglio e si chiacchierò, gli dissi che una delle sue storie recenti (“La minaccia verde”, mi pare, ma potrei sbagliarmi) era quello che un fumetto di super-eroi sarebbe dovuto essere. Lui mi sorrise, un po’ imbarazzato, poi si voltò verso Andrea Plazzi, editor della testata Panini, e gli disse “Eh hai sentito?” e Plazzi sorrise, divertito. È un ricordo che mi porto dietro, di uno che sta per diventare un pezzo grosso del fumetto italiano e che lo sa e ancora accetta con un misto di imbarazzo e orgoglio il complimento di un fan.
Rat-Man è finito. Ortolani farà altre cose. Ventidue anni fa avevo ventidue anni di meno ed ero una persona completamente diversa, rispetto a ora. Lo era anche Rat-Man ed è bello sapere che, in un modo o nell’altro, siamo invecchiati insieme.
Grazie, Leo.
> Ventidue anni fa avevo ventidue anni di meno
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