Star Wars – Episodio VIII: my watch has ended

Sono passati giorni, dalla visione di Episodio VIII al cinema.
Dove vivo ora, è uscito due giorni dopo l’Italia e ho passato le ore che mi separavano dalla visione cercando di schivare gli spoiler.
In compenso ho avuto un sacco di amici e conoscenti, gente con cui ho condiviso il percorso di nerd per anni, che mi scrivevano per chiedermi a. se l’avevo visto e, nella maggior parte dei casi, per b. dirmi che era tremendo.

Quando mi sono seduto in sala, lo ammetto non avevo aspettative. Quando le luci si sono riaccese c’è stato un misto di pensieri ed emozioni e idee che sono riuscito a riassumere solo in un “mh”, quando mi hanno chiesto il parere. “Mh” che poi è diventato un “è complicato”, dopo qualche minuto di riflessione.

Gli ultimi Jedi è brutto? È bello? È mh?
La risposta, ancora adesso, è: è complicato.
Ci ho pensato a lungo perché volevo fare una recensione in cui mettevo tutto per filo e per segno e, invece, se vi va, se vi interessa, vi beccate una roba a parti, che salta un po’ ovunque. Potrebbe essere lungo, ma, in caso, ci si vede qui sotto.
(Edit: ho finito di scrivere, non “potrebbe essere lungo” è un cazzo di mattone, vi avviso)

1. Episodio VIII visto da uno a cui piace il cinema in generale.

Gli ultimi Jedi è un film che soffre. Soffre di tanti piccoli problemi, di momenti di cadute di stile (narrative e registiche), di indecisioni, che non gli permettono di elevarsi a film perfetto, né a film ottimo.
Per contro, è anche una pellicola che ti butta lì delle inquadrature, dei momenti, degli sguardi, delle luci, che sono di una bellezza quasi commovente e che gli impedisce di scadere nella mera porcata.
Gli ultimi Jedi è un film altalenante, come è stata altalenante la produzione di Guerre Stellari dal 1977 a oggi, con alti e bassi e bassissimi e momenti che ti si mozza il fiato.
Poteva essere molto meglio? Sì, certo. Lo potrebbero essere un sacco di pellicole che, invece, ci beviamo senza battere ciglio. Però questo si porta dietro un nome e una eredità pesanti e mai nessuno potrà accettare un risultato medio come un successo. Ma, in linea di massima, non è un film per il quale rimpiangi il tempo investito o il costo del biglietto. Ma è un film che ti lascia l’amaro in bocca per quel suo mancare di pochi metri l’obiettivo.

2. Sì, ma il canone?

Lo dico subito ai compagni del “sì, ma il canone?” (semi cit.): il canone non esiste. Dico di più, il canone non è mai esistito.
Lo stesso Lucas, parlandone da flanellato, ha sempre detto “se non è successo nei film, per me non è successo”. Quindi, quando sentite che qualcosa che è successo non rispetta quello che si dice in quel libro o in quel fumetto o in quel videogioco o in quel cartone animato o sulla scatole di fiocchi d’avena Kellogs, mettetevela via, perché è una obiezione che non ha senso (e, aggiungo, siatene grati, perché il 90% della roba prodotta con il marchio di Guerre Stellari, a livello narrativo, è una merda).

3. Cosa fare in una galassia lontana lontana (quando sei morto).

Se dovessi dire cosa mi ha infastidito maggiormente de Gli ultimi Jedi è che è un film di aspettative tradite. Badate bene: non sono quelle che ci si aspetterebbe. Per dire: le origini dei genitori di Rei a me sono piaciute tantissimo, per tutta una serie di ragioni (è coraggioso, è giusto che chiunque possa diventare ciò che può diventare – indifferentemente dalle origini, – non si può continuare con i figli e i cugini e gli zii sempre della stessa gente, come se fosse un gigantesco Beverly Hills 90210 dello spazio).
Non mi sento neanche di storcere il naso sulla fine che ha fatto Snoke. Rian Johnson, da un lato, ha ragione, quando dice che tutto ciò che Snoke sembrava/poteva essere nasce dalle teorie dei fan e basta. Ma è anche vero che quando inserisci un personaggio del genere (così potente nella Forza, capace di corrompere il giovane Ben Solo – anche se sospetto che a quello lì lo corromperebbe pure uno che gli sventola davanti una tavoletta di Galak) non puoi non spiegare da dove viene. Snoke non è Boba Fett o – dio ci salvi – il capitano Phasma. Personaggi “minori”, dei quali possiamo ignorare le radici perché coprono tutt’altro ruolo. Snoke è, se non il motore della vicenda, un importante ingranaggio della storia e non puoi limitarti a buttarlo alle spalle come una spada laser che non ti interessa e non aspettarti che la gente ci resti male. La sua morte non mi dispiace, anzi, ma comprendo che avrei preferito capire da dove arrivasse questo super cattivo che ha tirato su un nuovo impero dal male dopo solo 30 anni dal precedente.

Quello che mi ha deluso, di Episodio VIII sono i protagonisti principali, che dovevano qui, ora, nel capitolo centrale della saga, evolvere, diventare altro, avere un loro percorso e, invece, sbiadiscono nel loro tentativo. Sì, certo, Rei ora è consapevole delle sue origini e di quello che può fare, Finn è ora un membro della ribellione e Poe non è più una testa calda. Ma ci si arriva in maniera sbilenca e poco avvincente, con il povero John Boyega che si trascina in una sottotrama che alterna la noia (tutta la prima parte del casinò), il “cosa cazzo” (tutta la parte con questo misterioso hacker che, toh!, sta nella sua cella – e comunque, nonostante tutto, è quando arriva Benicio Del Toro che ti ritrovi a pensare “oh guarda, un attore”) e il momento spielberghiano che ti si attorciglia lo stomaco (la corsa degli gnu o quello che sono, quando vengono liberati, per quanto imperfetta è un bel momento).
Daisy Ridley e Oscar Isaac, a loro volta, non esplodono come dovrebbero. La crescita dei loro personaggi, spirituale, emotiva, razionale, è talmente annebbiata che non dà le emozioni che dovrebbero. Non si prova un brivido, quando Rei solleva i massi, salvando la Resistenza. Non si prova orgoglio, quando Poe organizza il piano di fuga, diventando, di fatto, il capo della ribellione. Non si prova niente, quando Phasma e Finn si combattono (nel mio caso si prova fastidio per la messa in scena svogliata di questo hangar che brucia ed esplode in ogni centimetro a parte dove stanno Finn e Rose e dove si trova l’unico shuttle intonso, pronto alla fuga). C’è un terzo film, certo. Ma sperare che costruiscano dei personaggi nella terza parte, quella di solito destinata a chiudere le cose, mi pare quanto meno naif.

4. Kylo Ren

Il problema di Adam Driver è che è chiamato a essere il reale protagonista di questo film, senza dargli, alle spalle, una ragione per le sue azioni.
“Perché odi così tanto i tuoi genitori?” gli chiede Rey. E lui non risponde.
Perché Ben Solo è diventato Kylo Ren? Su cosa ha fatto leva, Snoke, per corromperlo? Sì, la botta finale gliela dà Luke e la scena della capanna, ma già da prima c’erano dei semi. Quali sono, questi semi?
Sappiamo cosa vuole: vuole liberarsi dai fardelli del passato. Vuole scegliere la sua strada, il suo futuro, quello che è e che sarà, senza doversi preoccupare della eredità della sua famiglia, del passato (suo e di altri), degli insegnamenti pregressi, della strada tracciata davanti a lui.
Non vuole neanche più essere Darth  Vader. Sa che non è Darth Vader, capisce che non sarà come lui e decide di essere altro. Cosa? Banalmente: il nuovo.
Ma di questo, parleremo poi.

5. Cose uscite male.

Io, ogni volta che sento la gente che si lamenta della scena iniziale tra Hux e Poe, avrei voglia di lanciargli addosso Jar Jar Binks. “DURA CINQUE MINUTI”. Durerà sì e no venti secondi. “HUX CI FA LA FIGURA DA IMBECILLE”. Sì, è vero. E quindi? Ce la faceva anche Kylo Ren, all’inizio di Episodio VII (“Parlo io? Parli tu? Non si capisce con la maschera”). “HUX È UN LEADER CARISMATICO”. No, Hux è un leccapiedi che fa un discorso motivazionale, in Episodio VII, ma questo non toglie che uno con la faccia di tolla possa prendersi gioco di lui e del suo ego.
L’umorismo de Gli ultimi Jedi, come quello di Il risveglio della Forza, è un buon umorismo, che fa ridere, che non è necessariamente volgare o infantile. Poteva essere usato meglio? Sì, ci sono dei momenti in cui stride. Ci sono delle scene in cui viene messo per alleggerire la tensione, ma stona. Ma, in linea di massima, funziona e quando vi lamentate di questo, davvero, non so cosa dirvi, a parte che, probabilmente, vi meritate I Guardiani della Galassia 2 e il suo procedere a una battuta ogni trenta secondi.

Gli ultimi Jedi ha tante scelte sbagliate e pigre che mi fanno storcere il naso. Hanno Luke che munge una creatura e che, per spiegare che pesca, non si limita a tirare su una rete, ma deve usare un arpione in legno di ventotto metri (sì, lo so, è canone. Rileggete sopra).
Hanno il già citato hacker che si trova, clamorosamente, nella stessa cella di Finn e Rose. Hanno BB8 che passa da essere un comic relief divertente, a una macchietta Pixar che ferma gente in armatura sputandoci contro delle fiche del casinò (ecco, QUESTO è umorismo gestito male). Hanno quella scena, quella tremenda scena di Leia nello spazio, che è stato il momento in cui ho pensato “vabbè, mi hanno perso”. Hanno la noia infinita del casinò dello spazio. Le scelte stupide dei bombardieri della resistenza che sganciano bombe in assenza di gravità.
Hanno il tremendo wall crawl di apertura che ti sbatte in faccia che il Primo Ordine regna. Così. Tiè. E muto.
Ha una colonna sonora anonima (e, infatti, mentre scrivo, sto ascoltando quella di Battlestar Galactica).

Sono tutte cose che arrivano tipo stilettate, per ricordarti che non devi rilassarti, che non puoi abbassare la guardia, che non funziona tutto bene e che, per quanto ti sforzi, non puoi ammettere che è tutto bello.

6. Cose uscite bene.

Inquadrature. La sala di Snoke e le sue guardie. La messa in scena di certi momenti. I suddetti bombardieri che non hanno senso, ma ho pensato “devo pilotarne uno”. La scena iniziale della sorella di Rose che si sacrifica. Certi sguardi di Luke. Il pianeta minerario. Carrie Fisher che non fa niente, ma sapendo quello che sai non riesci a non guardarla con commozione. Rose e la sua purezza in una galassia contaminata dalla guerra, dalla paura, dalla rabbia.
Episodio VIII funziona in tante piccole cose, fallendo nel macro e nel grosso. Ma, quando riesce, lo fa con grazia e con bellezza e non è una cosa da dare per scontato.

7. Luke.

Si può discutere quanto si vuole su Luke e, ne sono sicuro, non troveremo mai un punto di contatto.
Ne L’Impero colpisce ancora, diceva a Yoda “io non ho paura” e il Maestro gli rispondeva “tu ne avrai”. Trenta anni dopo, Yoda deride Luke perché, ancora, ha paura. Ha paura del suo passato, ha paura degli errori che ha fatto, ha paura di insegnare a Rey.
La scena di Yoda mi ha dato sensazioni confuse e contraddittorie, ma per me rimane il momento in cui il nanerottolo verde va lì a dire al suo allievo “non hai ancora capito niente” e Luke comprende che, forse, è tempo di lasciare andare.

8. Let it go.

Luke lascia andare ciò che lo ha ancorato al suo passato per anni. Lascia andare il fallimento, la paura, la vergogna e, sì, ammettiamolo, l’odio. L’odio verso i Jedi, verso la Forza, verso se stesso. Luke Skywalker non muore. Luke Skywalker è finalmente libero.

Kylo Ren uccide Snoke e poi guarda Rey (e dritto in camera) e dice che bisogna liberarsi del passato e accettare il nuovo. E non sta parlando con Rey. Sta parlando con me. Sta parlando con voi. Sta parlando con noi tutti fan di Guerre Stellari. Con i “eh ma il canone” e i “eh ma Luke non avrebbe mai fatto così” e i “ma Rey usa la spada senza allenamento” e “______________” (riempite lo spazio bianco).
Kylo Ren dice quello che volevano fare con questo film: volevano lasciar andare noi e Guerre Stellari come lo abbiamo conosciuto finora. Dovevano già farlo con il VII, non l’hanno fatto, lo fanno ora ed è uno schiaffo in piena faccia, perché siamo invitati cordialmente a levarci di testa tutto quello che credevamo di sapere e accettare che le regole sono cambiate.
“Devi disimparare ciò che hai imparato”, diceva un tale, una volta.

Questo passaggio dal vecchio al nuovo è gestito bene? Non molto. È raffazzonato, in diversi momenti.
Questo passaggio dal vecchio al nuovo è giusto? Sì. Dirò di più: è dovuto. Perché Guerre Stellari, QUEL Guerre Stellari, il nostro Guerre Stellari è una gemma e sono lieto che esista. Ma uccidere i maestri, cambiare le regole, sovvertire ciò che ci si aspettava è quello che ha fatto George Lucas nel 1977 ed è quello che posso sperare di aspettarmi da un Rian Johnson oggi. Poi, chiaramente, stiamo parlando di pesi diversi, di registi diversi (Johnson è un regista capace, Lucas è un regista mediocre), di autori diversi (Lucas è un autore, Johnson no), ma non dirò mai che sia sbagliato di per sé il voler dire “le cose cambiano, noi siamo cambiati, stiamo prendendo le basi e ci stiamo costruendo sopra una diversa cosa”. Anzi, lo dico: ci spero. Spero di essere sorpreso ed emozionato. Non ci sono riusciti al 100%, manco al 80%, a dirla tutta, ma, quando ci sono riusciti, è stato bello.

(intermezzo: proprio sul lasciare andare, mi prendo i miei due minuti per dire che, alla luce di quanto ho visto, ho profondamente rivalutato la Nuova Trilogia. Rimangono film brutti e scritti male e con momenti imbarazzanti e non mi sento di dire che li sollevo dalla loro mediocrità, ma non posso fare a meno di ammettere che hanno una loro coerenza e, soprattutto, una loro visione di insieme, uniforme e ben congegnata. Poi, vabbè, Lucas ha chiaramente fatto tutto alla cazzo di cane, ma c’è lui dietro ogni singolo momento, nel bene e nel male)

Dopo quei lunghi minuti di riflessione, quando ho capito quello che ho scritto qui sopra, lo ammetto, mi sono sentito più leggero.
Come Luke, ho lasciato andare.
Guerre Stellari, da questo momento, è un’altra cosa. Una cosa che potrà piacermi o meno. Una cosa che potrà emozionarmi o darmi rabbia. Ma smetterò di aspettarmi qualcosa perché “io so cosa è Guerre Stellari” e comincerò a guardare con occhi nuovi, perché non posso sapere cosa mi aspetterà.
Non avrò aspettative? Forse no. Avrò speranze? Forse sì.
Ma ho lasciato andare. La mia guardia è finita. E, da oggi, Guerre Stellari potrà essere quello che vorrà, senza preoccuparsi degli insegnamenti del passato, della sua eredità e della strada tracciata davanti a lui.
Ho disimparato ciò che avevo imparato. Sono il bambino con la scopa e l’anello della Ribellione che guarda il cielo stellato.
Se sarò fortunato, imparerò nuove belle cose.

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5 risposte a Star Wars – Episodio VIII: my watch has ended

  1. carminerodi ha detto:

    Ottimo pezzo, ottime argomentazioni, molto ben scritto. Grazie 🙂

  2. Tie Pilot 2.2 ha detto:

    Sono due settimane che refresho in tua attesa. Condivido e non condivido, ma ti seguo sempre con tanto affetto (da boh tipo 15 anni)

  3. Midori ha detto:

    Non commento mai ma leggo sempre, questa volta devo proprio dirlo, questa recensione è praticamente perfetta e ne condivido ogni singola parola. Grazie.

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