
“Won’t you be my neighbor?” racconta la storia di Fred Rogers, un pastore presbiteriano che entrò a far parte della cultura americana con un piccolo programma per bambini che ebbe un peso fondamentale nella storia della televisione d’oltre oceano (qui, ogni tanto, lo abbiamo sentito nominare in qualche telefilm e, mentre scrivo, Tom Hanks sta interpretando Mr. Rogers in un film biografico). Il documentario è stato un successone e, se si supera l’inizio un po’ lento e faticoso, ci si trova avvolti in una storia che ti ricorda come la televisione per bambini può avere un ruolo fondamentale e importante (Mr. Rogers parlò ai bambini del divorzio, della morte, del razzismo). Consigliato e, per i più teneri di cuore, con qualche momento molto commovente.

Titans è prodotto dalla DC per la sua nuova piattaforma streaming e si trova su Netflix. Sono 11 episodi che parlano dei super eroi “minori” (Robin post Batman su tutti) e cerca, faticosamente, di scavarsi una sua nicchia in uno spazio ampiamente occupato dalla CW (Flash, Arrow e soci) e dalla Marvel (Agents of SHIELD), ma che ha liberato un po’ di posto (le serie di supereroi di Netflix sono state – temporaneamente, si pensa – chiuse). Lo fa caricando sulla violenza, sul dark e riuscendo parzialmente nel tentativo: se si riesce a superare le scarse capacità recitative, per così dire, e il fatto che il budget è molto basso, Titans regala un sacco di perle per gli amanti dei fumetti DC e alcuni momenti molto buoni. Sia chiaro: niente per cui urlare al miracolo, ma può intrattenere abbastanza (almeno, a me lo ha fatto, mentre stiravo).

Ci deve essere un’oscura ragione per la quale continuo a leggere Lansdale e il ciclo di Hap & Leonard. Oscura particolarmente perché Honky Tonk Samurai, l’ultimo letto, era di rara bruttezza. Poi, per cause di forza maggiore, stavo cercando qualcosa da leggere, mentre aspettavo un aereo, e ho deciso di provare questo. Tralasciando la discutibile traduzione del titolo, il penultimo libro della serie (sì, c’è già un altro disponibile) in realtà è piacevole e scorre bene. Lansdale pare essersi accorto che dialoghi stirati all’infinito perché tutti quanti sono impegnati a dire frasi a effetto non funzionavano poi così bene e asciuga, dando al tutto un miglior ritmo (ancora qualche momento non eccelso lo abbiamo, particolarmente quando Hap continua a spiegare come Leonard sia suo fratello. Lo abbiamo capito, Joe, giuro). Non è un Lansdale dei primi tempi, ma è sicuramente un Lansdale più piacevole degli ultimi, quindi bene così.

Il nuovo album dei Rival Sons, Feral Roots, è molto buono. Potente, con ancora molti echi degli anni ’70, ma rinfrescato e meno prevedibile, al contrario del precedente. È un disco insolitamente corto (47 minuti circa), ma pieno di rock potente.
“sborra”
Ora c’è!
Ti odio.
STACCE
GIAMMAI