Ieri è stata una giornata strana.
Una giornata complessa, che, forse, avrei definito sfaccettata o multiforme o, banalmente, un casino.
Ho parlato con persone, ho pensato a cose da fare o da non fare, ho corso a destra e a manca, mentre infilavo dita nelle crepe che si formavano nella diga.
Ho portato avanti la vita di tutti i giorni (la spesa, la gestione dell’appartamento che ho messo su AirBnB, i rapporti con amici e parenti), mentre, nello stesso momento, stavo vivendo in una realtà parallela, dove decidevo di fare mosse azzardate, dove prendevo un appuntamento per un tatuaggio, dove ascoltavo musica nuova, dove cercavo – ancora? Sì, ancora – di convincermi che le cose potevano andare come pianificavo io e non come mi sono trovato ad accettare per una serie di eventi, di bivi, di scelte.
È stata la giornata del chiedermi “ma chi sono?” e non trovare – ancor? Sì, ancora – una risposta convincente. La giornata del sapermi spiegare chi non voglio essere, ma del non saper trovare come fare a non esserlo.
Forse lo troverò.
O forse, come diceva il tale, “mi sono odiato, mi sono amato e poi siamo invecchiati insieme”.