
Portami a casa (di cui vedete la quarta di copertina che replica la locandina perché Google, Dio solo sa perché, non mi trova la locandina) è quel genere di film nel quale mi imbatto, che penso “mi interessa” e poi c’è uno stacco, sono passati anni, io sono più vecchio, più stanco e più malmostoso e ancora non l’ho visto.
Un uomo muore e mogli e figli si ritrovano, accompagnati dalle rispettive famiglie, sotto lo stesso tetto, per rispettarne le ultime volontà. Questo, ovviamente, arriva nel momento sbagliato, per alcuni di loro, e scoperchia tensioni passate e presenti.
Il film ha degli attori in stato di grazia, non sempre tiene il ritmo, ma mai annoia, né ti fa sbuffare. Il finale, soprattutto, per quanto non sia mostruosamente originale, conduce lo spettatore al commiato con una certa grazia e in maniera non banale. Si trova su Amazon Prime Video (o, almeno, si trova qui in Spagna, non so lì da voi, questa cosa dei cataloghi diversi per regione mi sta facendo uscire di testa).

Arrivato ultimo come al solito, sto recuperando Fleabag. Probabilmente, se già non l’avete vista, la conoscete perché avete almeno un amico o amica rompipalle che vi ha stressato dicendo che dovete AS-SO-LU-TA-MEN-TE vederla. Se non ce l’avete, quel ruolo ora lo copro io e vi dico che dovete dovete AS-SO-LU-TA-MEN-TE vederla.
Non solo per la storia, per il costante alternarsi di risate e stomaco attorcigliato e “oh mio dio, cosa sta succedendo?”, ma, soprattutto, per lei, la bravissima Phoebe Waller-Bridge che, in un cast di attori eccellenti, riesce comunque a svettare e si piazza nella top ten delle mie cotte adolescenziali a un’età nelle quali non si dovrebbero avere cotte adolescenziali. Lo trovate su Amazon Prime Video (questo sono abbastanza certo lo troviate anche lì dove siete voi).

Ho scoperto dell’esistenza di questo libro perché, su Facebook, girava un pezzo tratto dal blog dell’autore (pezzo che si trova nel libro, in versione più lunga). Gazzaniga racconta storie di sport e di sportivi, tristi o serene, a volte incredibili. Spesso, per quanto mi riguarda, racconta di personaggi che non ho mai sentito. Lo fa bene, lo fa intrattenendo, sebbene si senta molto l’eredità del blog, nel taglio e nello stile.
Però è un libro che si lascia leggere con piacere e che, più spesso di quanto ti piaccia ammettere, ti inumidisce gli occhi.
Ho scoperto Reignwolf guardando Roadies (serie tv di Cameron Crowe, di cui parlai tre anni fa, e che chiuse dopo una stagione) (non vorrei vi dispiaceste, la serie comincia bene, ma poi, come sovente succede con Cameron Crowe, diventa una zozzata indifendibile) e me ne innamorai. Solo che, maledetto lui, non c’era mai nulla di nuovo da lui prodotto.
E finalmente, dopo tre anni, esce il suo album, Son of a gun.
E niente. Non mi è piaciuto. La vita è amara, amici miei.
a proposito di Gazzaniga, se non l’hai ancora sentito e se hai modo/voglia/tempo di sentire podcast, cercati A pugni chiusi.
Me ne stanno giusto parlando e troverò il tempo per farlo. Grazie. 🙂
ecco, appunto, ho appena visto 😄