I was born to be a fiddler in an old time string band…

Le solite 12 canzoni che ho ascoltato moltissimo nell’anno appena passato, in attesa di sapere quali saranno quelle che ascolterò moltissimo (o che, magari, suonerò, visto che ho ripreso a strimpellare la chitarra) nell’anno che viene.

  1. Girl of the North Country – Bob Dylan
    Una di quelle ballate di Dylan su un qualcuno lontano e perduto, quando si chiede all’amico fidato di cercarla e di dare notizie su come sta (una anticipazione di If you see her, say hello, se si vuole).
    La sola chitarra, armonica e voce e la sensazione di stare lì, al freddo a guardare quella ragazza lontana e accertarsi che abbia una sciarpa a proteggerla.
  2. P.S. You rock my world – Eels
    Il pezzo di chiusura di quell’album bellissimo che è Electro-shock blues e che è un inno alla rinascita e all’alzarsi a piedi. È stato un pezzo importante, in un anno complicato.
  3. Lo pal (l’estaca) – Lou Dalfin
    Conosco i Lou Dalfin perché ne parlò Luca Enoch, in un numero di Sprayliz, e mio fratello scoprì che – incredibile – suonavano in Sardegna, quell’estate, e andammo ad ascoltarli, comprando poi la cassetta di Gibous, Bagase e Bandi. Cantano in occitano, con un misto di nuovi e vecchi strumenti (come la ghironda). Fanno una musica folk di vecchie storie ed atmosfere e, per un certo periodo, li ascoltai molto (gli anni ’90 sono stati particolari, nella mia esperienza musicale). Li ho poi persi di vista e, chissà perché, mi sono tornati in mente quest’anno e li ho ascoltati molto. Sono invecchiati bene e, pur non essendo più il mio genere, si ascoltano ancora con piacere.
  4. Istanbul (Not Costantinople) – They might be giants
    È stata una reazione a catena, dovuta ad ascoltarla in un episodio di The umbrella academy, per poi metterla in sottofondo mentre si giocava a un gioco da tavolo chiamato proprio Istanbul fino al fatto che, una volta che la ascolti, ti rimane in testa per un periodo tendente all’infinito. Fino a quando la testa non ti esplode.
  5. The ship song – Nick Cave
    Ho un rapporto complicato con Nick Cave, fatto di “questo sì” (pochi) e “questo no” (molti di più). Ma quando sono nel campo del “questo sì”, sono pezzi bellissimi, che ti prendono le budella, te le attorcigliano e te le rigirano, mentre senti le lacrime salirti agli occhi.
  6. Wagon wheel – Old Crow Medicine Show
    Perché ho cominciato ad ascoltarla? Non lo so. Credo fosse in coda a qualcos’altro, su YouTube.
    Come mai ho continuato a farlo? Perché, banalmente, tocca uno di quei temi che su di me hanno sicuro effetto (il viaggio, la strada verso casa o un luogo dell’anima, i posti che si incontrano e si intrecciano alla propria storia).
    E poi c’è quel dannato violino e io non lo so perché, ma il violino su di me ha un fascino irresistibile.
  7. Don’t let me down – LP
    C’è LP che fa la cover di un pezzo dei The Chainsmokers e non dei Beatles, come sarebbe logico aspettarsi. E lo fa con un cazzo di hukulele e la cosa ti rimane appiccicata addosso come caramello e non ti lascia più.
  8. Through The Roof ‘n’ Underground – Gogol Bordello
    Io e i Gogol Bordello abbiamo questa storia d’amore di quelle adolescenziali che ci si prende e ci si lascia e poi ci si prende di nuovo. Questo è stato l’anno in cui ci siamo presi e ci siamo tenuti stretti per lungo tempo.
  9. Pale blue eyes – The Velvet Underground
    Uno di quei momenti in cui Lou Reed si siede e comincia a cantare di quel paio di occhi e tu ti fermi ad ascoltare e, semplicemente, non ti alzi più.
  10. The Hand of John L. Sullivan – Flogging Molly
    Ci sono questi momenti in cui i Flogging Molly decidono di divertirsi e, anche solo per raccontarti di un leggendario pugile, ti fanno saltare sulla sedia e cantare a squarciagola.
  11. Marlene – Kevin Coyne
    Influenzato dal blues e con uno stile tutto suo, con un sacco di pezzi sulle malattie mentali, Kevin Coyne tira fuori questo inno d’amore che sembra uscito da un vecchio film e che ti fa battere il piede e fischiettare, mentre lo ascolti.
  12. Christmas Card from a Hooker in Minneapolis – Tom Waits
    Per me, che sono il malmostoso che sono, la canzone di Natale.

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