Il solito post sulle dieci canzoni che mi hanno accompagnato maggiormente nell’anno appena passato (sono in ritardo, ma ormai ho delle tabelle di marcia un po’ sballate, abbiate pazienza).
Tecnicamente parlando, lo confesso, secondo Spotify i primi QUATTORDICI pezzi più ascoltati sono tutte delle robe che non ascolterei mai, ma ho avuto l’idea di fare una figlia e ti tocca ascoltare certe cose più di quanto vorresti mai (se siete curiosi, in fondo al post metto la lista suddetta).
Per il resto è stato un anno un po’ avaro di novità e con il ritorno, a distanza di pochi mesi gli uni dagli altri di Regina Spektor, Flogging Molly e The White Buffalo (e, lo dico con un certo dolore, non sempre con risultati all’altezza delle aspettative e dei nomi).
Ma, tutto sommato, è stato un anno in cui, quando volevo sentire qualcosa, non ho mai avuto l’imbarazzo della scelta e quindi va bene così.
- Becoming all alone – Regina Spektor
È stato il primo singolo del nuovo album, uscito con mesi di anticipo e io me lo sono abbastanza consumato. È una ballata tipicamente Spektoriana (Spektoristica? Spektorale?) e parla del sentirsi da soli e non capire come mai e neanche Dio, al quale proponi di bere una cosa insieme, ha la risposta.
L’ho mandata a persone a cui voglio bene, quando è uscita, e sono state contente e mi ha ricordato quanto è bello condividere la musica con qualcuno che l’apprezza. - Armistizio – Bandabardò
Mettere questa è un po’ barare, perché è uno dei pezzi che piace molto a mia figlia e che abbiamo ascoltato fino alla nausea, questa estate, mentre visitavamo la Grecia per la prima volta della mia e sua vita.
Una canzone che parla del mentirsi e di amori sbagliati, ai quali si cerca di sopravvivere trovando un equilibrio. La strofa che dice “sei la donna più bella da quando io vivo” è bellissima. - Not today – The White Buffalo
È tornato The White Buffalo che ha annunciato in pompa magna il nuovo album, dicendo che usciva dal suo solito genere per creare una cosa nuova. “Non saprete come definirci! Non potrete incastrarci in un solo genere!”.
Quando ho letto queste parole ho avuto subito un brutto presentimento. Brutto presentimento che ha trovato conferma all’uscita dell’album che è, mi sento di dire in totale onestà, abbastanza bruttino. Alcuni pezzi (tra cui questo) si salvano, ma in generale sembra faticare molto a trovare una sua traccia e una sua pelle, saltando da un genere all’altro senza mai fare centro completamente. - Frankie’s gun – The Felice brothers
“E dimmi, Fabrizio, come hai scoperto i The Felice brothers?”. Grazie per la domanda.
La verità è che non lo so, non ne ho idea. Di sicuro non attraverso la playlist delle novità che ogni lunedì Spotify mi offre, perché da quando l’algoritmo è sballato causa figlia, propone delle cose imbarazzanti.
Però ho scoperto questa canzone che parla di tradimento e morte, con un testo non molto chiaro (in giro trovi gente che dice che il Frankie del titolo sarebbe Frank Nitta, braccio destro di Al Capone. Teoria a cui tutti rispondono con “ma che accidenti dici? Hai bevuto?).
Ma la canzone ti si appiccica addosso come della gomma da masticare e ti ritrovi a canticchiarla per giorni. - Nights are harder these days – David Duchovny
Sì, è quel David Duchovny lì. Un giorno stavo guardando una sua intervista dove, all’improvviso, mi tira fuori che ha fatto un album.
Vado a controllare e scopro che ne ha fatti ben tre, l’ultimo uscito nel 2021.
E non sono neanche male, un rock americano solido, niente di originalissimo, ma piacevole e pieno di momenti che pensi “epperò, bravo David, ma l’ultima stagione di Californication rimane comunque bruttissima”. - Non è per sempre – Afterhours
Perché ogni tanto ho questi rigurgiti degli anni ’90. L’università, la fanzine, Guerre Stellari, i giochi di ruolo, Lucca, gli amici, Pisa, la bicicletta, le notti fuori, i sogni. Ogni volta che mi accade ho qualche pezzo del periodo che mi fa da cicerone attraverso i ricordi. A questo giro, è toccato a loro. - Fever – Aldous Harding
“Chi?”, chiederete giustamente voi.
Eh.
Boh. Ma è lì. E ho ascoltato questo pezzo un sacco e vi giuro che non so perché. - Je veux – Zaz
È di dodici anni fa, ma io l’ho scoperta solo ora. Oh va così, mai detto di essere sempre sul pezzo.
Mischia cose che adoro: il francese (in assoluto la mia lingua preferita), la voce di Zaz (un po’ roca, un po’ graffiata), un testo sempliciotto che però tocca qualche corda che mi scuote sempre (quando dice “voglio crepare con la mano sul cuore”, oh, mi innamoro ogni volta). E quindi l’ho ascoltata tantissimo, nonostante i momenti in cui fa “papparappappa” che lì un po’ le vorrei dare uno scappellotto sulla nuca. - 30/90 – Tick, tick…boom! (Andrew Garfield)
Quest’anno è uscito “Tick, tick…boom!”, prima prova di regia di Lin Manuel Miranda (che dovreste conoscere per quell’altra cosa pazzesca lì) che porta sullo schermo il musical di Jonathan Larson, che forse conoscerete per Rent. Non mi ha fatto impazzire, ma questo pezzo qui mi si è impiantato nel cervello e l’ho ascoltato fino alla nausea (poi il pezzo in cui dice “why can’t you stay 29, hell, you still feel like you’re 22).
Nel film c’è anche Vanessa Hudgens che ora che è maggiorenne posso dire che è bombabilissima. - Oh Betty – Fantastic Negrito
È tornato anche Fantastic Negrito con un album blues rock pazzesco, pieno di belle invenzioni e che dovreste recuperare quanto prima, se non lo avete ancora fatto (e anche i precedenti, se vi mancano anche quelli).
E, come promesso, la dura realtà della top ten dei pezzi più ascoltati secondo Spotify, grazie a mia figlia:
- Uptown funk (Mark Ronson feat. Bruno Mars)
- A cover is not the book (Emily Blunt & Lin Manuel Miranda – Mary Poppins Returns)
- America (Original Cast – West side story)
- Carnaval del Barrio (Andrea Burns – In the heights)
- The lazy song (Bruno Mars)
- We don’t talk about Bruno (Encanto cast – Encanto)
- Mille (Fedez, Achille Lauro feat. Orietta Berti) (Signore uccidimi)
- I like it like that (Chris Kenner – Vinyl OST)
- Paco paco paco (Encarnita Polo)
- Ay Mamá (Rigoberta Bandini)