Anche a me manca scrivere: ce la faremo?
A me scrivere manca sempre.
Mi mancano tutta una serie di cose, legate alla scrittura, che non sono strettamente legate con la creazione, ma più al come mi fa sentire, a ciò che mi ricorda e alle persone che, in qualche modo, ci sono legate.
Non nego che il ricordo di me seduto al tavolino del bar della signora Afra, con le cuffie nelle orecchie, che scrivo come un pazzo, mentre bevo, sia uno di quelli che mi è più caro.
Nella mia biografia apparsa sul sito di Blonk, c’era scritto che per me scrivere era qualcosa da sfruttare quando ero stanco di vivere. Al periodo era sicuramente vero, poiché riconoscevo nella scrittura – e, per questo, ci investivo una discreta quantità di energie – una vena terapeutica e un modo per studiare me stesso e capire cosa stavo provando.
(anche se, a volte, sul momento non me ne rendevo conto. Dopo anni ho letto il mio secondo libro, che scrissi in un periodo di grandi turbolenze emotive e nel quale avevo convogliato moltissimo delle mie esperienze e dei miei pensieri del periodo, facendoli vivere al protagonista. Quando lo rilessi mi ritrovai a pensare “madonna, come stavo ridotto”).
Nelle brevi bio che metto sempre nei social network ci scrivo “man of Chaos” (sì, con la H. Sì, lo so che è sbagliato. È un omaggio alla Chaosium, casa produttrice di giochi di ruolo che diede vita a prodotti che ho molto amato).
Me lo sono tatuato addosso, sotto la bandiera pirata che campeggia sulla mia spalla destra.
Scrivere era un modo per trovare una strada nel caos della mia vita. A volte scrivevo perché, facendolo, riuscivo a trovare la mia strada o, quanto meno, a farmi un’idea di quello che mi stava succedendo.
Oggi le cose sono leggermente diverse.
Non è che io sia una persona serena e risolta (temo che, quella, sarà una condizione che non raggiungerò mai), ma scrivere, per me, è tornare a casa. Ovunque casa sia. Nella mia amata Bologna o nelle strade di Nuoro. Nel letto del protagonista o al tavolo di un bar a bere alcol. In un dialogo concitato sul nulla o in un monologo rabbioso su qualcosa di importante.
Casa è questo luogo dove, ovunque mi volto, c’è qualcosa di me che riverbera dalle persone, dai luoghi, dai suoni, dall’aria.
E checché se ne dica, tornare a casa è sempre bello.