Sono seduto in riva al fiume e leggo. Ho un vecchio libro, in mano, è consunto, le pagine sono ingiallite, alcune si sono staccate perché la dozzinale colla usata per tenerle insieme non è stata abbastanza forte a sopportare il continuo sfogliare, alla ricerca di un passo, il ripetuto rituffarsi nella storia e sentirsi felice di ciò che si vive. Nella prima pagine, quella dopo la copertina, il titolo e, sotto, lo scarabocchio dell’autore, una firma, una delle tante che ha fatto, ma che per me è la sola e mi ricorda l’estate, i monti, casa e dei momenti strani, che sembrano lontani secoli.
L’uomo con i baffi curati mi raggiunge, lentamente, e si siede sull’erba, accanto a me. Non dice niente, per un po’, e poi lancia un sassolino nell’acqua, increspandola, mentre il fiume continua a scorrere, insensibile ai suoi tentativi di disturbarlo.
– Come mai qui? – mi chiede.
Non rispondo subito. Come mai qui? Perché è il non luogo che ci accomuna. Perché è una terra di mezzo tra un futuro felice che non si è mai realizzato e un passato triste e pieno di dolore. E’ stato il luogo dove abbiamo guardato il verde e mangiato sull’erba e ho pensato che, forse, c’eravamo, prima di capire che no, non era così.
– Perché sì. Perché è un bel posto – rispondo, mentre chiudo il libro.
– E’ vero – ammette, – è molto bello.
– Grazie.
Guardo le mucche, sull’altra riva, che ruminano erba. E guardo le case dai tetti a punta, poco lontano. Mi godo il sole che mi carezza, amichevole.
– In realtà volevo chiederti perché qui, ora, in questo momento.
– Ah. E’ semplice, perché devo vedere una cosa.
Lancia un’occhiata all’acqua e poi torna a voltarsi verso di me.
– E’ quella cosa del detto cinese, per caso?
Sollevo un sopracciglio.
– Sai – insiste, – quella storia del “siediti in riva al fiume, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”.
– Qualcosa del genere – sorrido.
Gli do di gomito e indico l’altra riva. Compari e cammini con aria un po’ svagata, una sigaretta tra le labbra e la testa persa in mille pensieri diversi. So bene cosa pensi, so che progetti fai. Hai la stessa aria trasandata di sempre, ma c’è della ricercatezza anche in quell’essere trasandato e quasi fuori posto. Non sei fuori posto con il mondo, sei in un posto preciso, il tuo, quello che hai scelto.
– E quindi? – mi chiede l’uomo con i baffi curati.
Porto un dito alle labbra e lui si zittisce. Ti guardo fermarti e dare un’occhiata intorno, goderti il panorama e il paesaggio.
E poi sorridi.
– Ecco – dico al vecchio con i baffi curati. – Sorridi.
Ti avvicini a un albero con il tronco cavo, poco lontano dal labirinto di siepi e ti guardi intorno ancora una volta. Ancora una volta sorridi.
– Finalmente – dico.
Entri nel tronco cavo e sparisci. L’uomo dai baffi curati mi da un paio di pacche sulla schiena, mentre respiro a fondo un paio di volte, soddisfatto. Poi, mi rimetto a leggere.
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Fava. 😀